I sapori di La Paz

Sofia, SCU Bolivia 2022

Ho sempre pensato che il viaggio turistico fosse interessante e divertente ma ho anche sempre considerato questo modo di viaggiare come un po’ superficiale, forse perché poi quando lascio quel luogo non sento niente in cuor mio, come il sospiro d’addio che ascolto quando parlo di una città da me vissuta. Viaggiare è perditivo, ti fa concentrare solo su alcuni scorci o solo su alcuni aspetti della cultura. È per questo motivo che ho scelto di svolgere il mio servizio civile di durata 12 mesi in Bolivia e, dopo quattro mesi, capisco di essere contenta di questa scelta: sto vivendo la città giorno e notte, settimana dopo settimana, mese dopo mese e la mia curiosità nei confronti di La Paz non fa che crescere.

Vengo dalle montagne del trentino e qua mi sento cullata allo stesso modo, anche se rispetto al mio paese di provincia questo è un gran cambio. Per fortuna il cambiamento non è stato diretto, prima di qui sono passata per l’appennino bolognese e i calanchi marsigliesi che per sempre resteranno incisi nei miei ricordi.

Piano piano anche La Paz e la zona del lago Titicaca stanno entrando in quelli che chiamo “i miei posti” e con la loro diversità mi danno spensieratezza e sorellanza, giornalmente.

Quotidianamente percorro le vie di questa città e resto affascinata dai colori, gli odori, i sapori che attirano la mia attenzione nei giorni festivi o nei mercati popolari. Lungo le strade che sempre percorro ci sono cholitas con il loro banchetto che spazia da frutta esotica di colori sgargianti, salchipapas con salsa piccante o il famoso anticucho, cuore di mucca infilzato con uno spiedino e cotto alla brace nelle vie del centro città. Ed è così che nuvole di fumo, vapore di zuppe e di aji de lentejas si confondono con l’aria di La Paz, di suo già non troppo pulita a causa dello smog.

Se nella città gli odori sono contraddittori e molteplici, nel lago Titicaca, gli stimoli sono più intensi e naturali. Tra tutta la vegetazione pacena solo alcune piante hanno mirato direttamente alla mia attenzione, tra queste spicca la k’oa dalla quale viene il nome dei rituali (k’oas in Aymara) nei quali appunto si usa la suddetta pianta. Questa pianta aromatica si usa per accompagnare serenamente la digestione dopo i pasti ma anche per differenti mali che colpiscono il nostro corpo; si può dire che questa pianta fa parte della cosmovisione andina per quanto riguarda quello che ora chiameremo fitoterapia.

Un’altra pianta che sto imparando a conoscere e ad utilizzare è la Quirquina, principalmente utilizzata per il condimento di cibi. Il suo sapore è molto forte ed è paragonato a rucola e coriandolo benché mantenga una nota ancora straniera al mio palato. La Quirquina (Porophyllum ruderale) è utilizzata principalmente per insaporire piatti freddi come il Cayu, un’insalata di pomodori, cipolla e formaggio o per la preparazione di una salsa piccante chiamata Llajua o llajwa che prevede ingredienti sempre freschi tra cui il lokoto, che è un peperoncino tipico dell’altopiano, pomodoro, cipolla e Quirquina.

Per ultimo, ma non per importanza, vorrei parlare del Cedrón, una pianta aromatica e medicinale che come la K’oa è utilizzata per agevolare la digestione. Inoltre il Cedrón, anche chiamato Verbena odorosa– per noi europei- o con il nome scientifico Aloysia citriodora, è usato per la pelle come tonificante, per la digestione come antispasmodico, diuretico ed infine per le sue proprietà rilassanti in tisane o mate.

Le erbe aromatiche e medicinali qui in Bolivia sono molte di più di quelle qui elencate, le quali sono tuttavia estremamente usate da tutte le persone facenti parte di ogni classe sociale. Credo che quest’aspetto, come molti altri dell’integrale cosmovisione andina, sia molto interessante ed utile per la vita in generale in quanto servirsi della biodiversità dei nostri ecosistemi ci aiuta a considerarci parte integrante della natura, della pachamama, come la chiamano qui.

Sofia, in servizio presso la sede Gondwana Aria Cedin