Punti di vista

di Paola Castellana

La Bolivia è un paese affascinante ed emozionante. Puoi rimanere scioccato da La Paz, una città assurda e al tempo stesso spettacolare, restare incantato dalla perfezione del Lago Titicaca e dalla Cordillera Real che lo circonda, emozionarti davanti a un tramonto alla Isla del Sol, e sorprenderti della perfezione delle rovine dell’Impero Inca. Ma ciò che ti colpisce, ti avvolge e ti cattura quando sei in Bolivia, sulla riva del Lago Titicaca, è il suo popolo, gli aymara, con la loro cultura e tradizioni, capaci di resistere alle oppressioni, le guerre, le lotte e rivoluzioni, capaci di restare oggi uguali a ieri.

Noi abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di partecipare alla ricorrenza di todos los santos. Il día de fiesta è solo uno, il due novembre, ma i preparativi iniziano già dai giorni precedenti. Le donne preparano il pane in casa, non tutti hanno il forno, così alcune si sono recate al centro Taypi Warminaka di Huatajata, dove svolgiamo il servizio civile, per poter infornare. Viene preparato pane di varie forme: la scala, così i defunti possono scendere sulla terra il 2 novembre e poi tornare nell’aldilà, il cavallo, in modo che il defunto possa muoversi quando scende tra noi, pane a forma di otto, di spirale, o treccia, pane a forma di gatto o di bambino. Nelle case, i parenti dei defunti allestiscono un altare, con canne da zucchero, così che il defunto possa avere un bastone per camminare, cipolle, quelle con lo stelo lungo, cosi che possa bere, e poi caramelle colorate per rendere l’altare accogliente, una birra, e un pacco di sigarette, a seconda dei gusti in vita del defunto.

La sera del 1 novembre ci siamo recati con Lidia, la nostra referente Boliviana, a casa della famiglia di un signore, Pacifico, morto da tre anni, dove la figlia aveva allestito l’altare e aspettava parenti e amici per una preghiera. Con gioia e sorpresa, una signora minuta e gentile ci ha accolto nella sua casa, tutti abbiamo recitato in silenzio una preghiera, poi ognuno ha ricevuto una cesta con pane, platano e arancia come dono di ringraziamento. Il giorno seguente ci siamo recati al cimitero con Lidia e tutta la sua famiglia. Dopo una piacevole camminata sul cerro di Huatajata, siamo arrivati lì dove tutti riposano in pace. Che sorpresa trovare il cimitero in festa, tutta la comunità di Huatajata era lì riunita per ricordare i propri defunti. Il sole splendeva forte e luminoso, una banda suonava canzoni tradizionali, i bambini correvano e pregavano cantando a squarcia gola tra un altare e un altro, tutti chiedevano una preghiera per i loro defunti, qualcuno mangiava all’ombra di un albero, noi non sapevamo quale voce seguire. Tutti si recano al cimitero con una grande busta vuota, le signore usano l’aguayo, che sarà poi riempito di pane, arance, banane e platano, in cambio di preghiere. Noi siamo i gringuitos, quelli strani, un po’ troppo bianchi, ma tutti iniziano a conoscerci già meglio a Huatajata, e quel giorno in molti, conoscenti e non, ci chiamavano per nome chiedendoci di recitare una preghiera. Qualcuno incuriosito ci ha chiesto cosa ci facessero 4 italiani a 3800m! Ma la festa non era ancora finita. Tutta la comunità si è poi radunata nell’antica casa di Pacifico, defunto da tre anni, dove ci attendeva un grande apthapi (pranzo comunitario, tipico della tradizione aymara). Le sedie erano disposte una di fronte all’altra per lasciare lo spazio a un lungo telo blu dove il padrone di casa ha servito patate, chuño, tunta (patate disidratate), fave, formaggio e varie salse. Solo gli uomini erano seduti sulle sedie; noi eravamo l’unica eccezione. Le altre donne della comunità erano sedute per terra, all’ombra di ombrelloni costruiti da loro. Parlavano e chiacchieravano in pace e tranquillità, il fatto di non essere su una sedia lontano dai mariti non sembrava darle fastidio. Poi ci hanno servito dell’ottima trucha (un pesce tipico del lago) e poco dopo sono arrivate le zuppe. I figli del defunto avevano circa dieci zuppe a testa, offerta loro dalle donne della comunità. Dopo il pranzo è arrivato il momento de las ofrendas. I figli del defunto hanno preparato le ceste per gli invitati, piene di pane, arance, banane e platano. Essendo i figli tre, ognuno di loro offre una cesta, quindi ognuno riceve tre ceste, recita una preghiera per il defunto e poi dice ad alta voce “que se recibe la oración.” Una preghiera per ogni cesta, un’offerta per ogni invitato.

Questa festa, come da tradizione, viene fatta i primi tre anni successivi alla morte. Si racconta che il primo anno l’anima stia nella casa, il secondo nel paese, e il terzo torni alle montagne, lì dove tutto nasce e tutto ritorna.

Partecipare alla festa di todos los santos è stato un evento molto importante per il nostro inserimento nella comunità di Huatajata. E’stato molto emozionante e soprattutto interessante poter vivere questa tradizioni in prima persona. Il popolo aymara ha un modo e una filosofia della morte molto diversa rispetto alla nostra cultura. Capovolgere il proprio punto di vista e provare ad immergersi in quello degli altri è essenziale per poter conoscere davvero un altro paese.

Gracias Bolivia!

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