La frontiera C'era una volta il West l'Amazzonia, ossia l'Oriente ecuadoriano

Luca Bardino, SCU Ecuador 2022

El Coca, la città di più recente sviluppo e più a oriente dell’Ecuador, fa da ultimo avamposto nella discesa verso oriente prima di centinaia di chilometri di selva amazzonica percorribili solo in canoa, fino alla frontiera con il Perù.

Attraversando le vie della città, le strade nel territorio circostante, così come le comunità agricole e indigene, si ha la sensazione di respirare ventate provenienti da un film di Sergio Leone. Il concetto di frontiera si può toccare con mano, anche se in forma più slavata di quanto doveva essere ancora una decina d’anni fa, in cui mancavano strade asfaltate che collegassero Coca al resto del paese, un ponte tra le due sponde del fiume Napo o un malecon (lungo fiume) ben strutturato con baretti e panchine. Concetto che invece riacquista tinte forti quando si opera all’interno delle comunità della Franja de diversidad y vida (FDV), lungo limite del parco Yasunì. Un’area nella quale si sovrappongono complesse problematiche ambientali e sociali, con estrazione petrolifera invasiva, presenza di foresta primaria a rischio e sfruttamento agricolo in espansione, oltre alla compresenza di comunità indigene e di coloni.

All’interno della città le canoe provenienti dalle comunità kichwa del fiume Napo continuano ad attraccare ogni mattina al piccolo molo, scaricando mercanzie per il mercato indigeno e caricandosi di tutti i beni non presenti all’interno della selva. Le anaconde ogni tanto fanno capolino dal fiume risalendo i gradoni del molo, mentre dai bus provenienti dal circondario scendono componenti delle tre nazionalità indigene della regione così come i coloni cui il governo concesse vasti appezzamenti di terra a basso prezzo per favorire la colonizzazione del territorio. Allo stesso modo i racconti di come fino agli anni ’80 i Waorani, ultimo popolo a entrare in contatto con la “civiltà moderna”, attaccassero i primi insediamenti in costruzione della città, proprio per contrastare la colonizzazione del loro territorio ancestrale da parte di compagnie petrolifere e coloni, riportano la complessità delle dinamiche della regione amazzonica.

Qui tutto sa di un mondo appena finito, così come di un mondo ancora vivo e in trasformazione con strade nuove costruite, pozzi petroliferi aperti dentro al parco Yasunì, vaste aree disboscate e le nuove generazioni delle comunità indigene in bilico tra la propria identità e storia e le possibilità e problematiche del mondo industrializzato.

Camminando sul lungo fiume sembra che davvero possa essersi svolta da poco tempo una scena con una Claudia Cardinale locale che osservava l’arrivo in massa del mondo esterno alla frontiera con la costruzione del nuovo ponte, la edificazione di strutture per la ricezione turistica e l’inaugurazione della nuova strada asfaltata: “ferrovie” del moderno mondo produttivo.

È la frontiera. Una frontiera arrivata negli anni 70, che ha dato vita a Coca e che sembra essersi spostata davvero da poco tempo, ma che continua inesorabile a scivolare verso est.

Con il Fepp locale si lavora con le comunità agricole del territorio, soprattutto con le comunità all’interno della Franja. Il lavoro principale, attualmente legato al progetto TerrAmaz, consiste nel limitare l’impatto sull’ambiente della produzione agricola: bloccare il disboscamento di foresta primaria, migliorare le tecniche di produzione e soprattutto favorire la transizione verso pratiche agro-ecologiche. Il progetto lavora anche per aumentare il valore dei prodotti agricoli in modo da limitare lo sfruttamento che spesso la grande distribuzione impone ai piccoli produttori.  

Questo è un territorio che mette sicuramente alla prova, sia per le condizioni climatiche sia per l’assenza di molte comodità che spesso si danno per scontate. È però una regione che restituisce molto più di quel che richiede grazie alle persone che si incontrano, alle esperienze uniche che si possono fare e al contesto naturale che circonda la città, contesto che per quanto piegato dallo sfruttamento intensivo delle risorse mantiene una forza primigenia impressionante.Operare qui è proiettarsi in un contesto molto distante da quello a cui siamo abituati, va scelto, ma come recita un cartellone turistico sul lungo fiume cittadino “Coca es tu destino de vida” e non hanno tutti i torti a scriverlo.

Luca Bardino, SCU presso la sede di Gondwana El Coca