La felicità è Huruma

di Gabriele Galassi, sede di Ilunda

Quando parlo di Huruma è come se parlassi di una parte di me, ogni volta che la guardo è come se la guardassi con il cuore. Ogni volta che sono con lei la riempirei di baci e abbracci; è una bambina che mi trasmette felicità e gioia sempre, anche nelle giornate grigie e fredde di Ilunda lei una fonte di calore e dolcezza.
Si chiama Huruma, che in Swahili vuol dire pietà. Per me la pietà è un sentimento che provoca amore e compassione verso le altre persone; e questa piccola bambina si fa amare tanto.

Hurumina è una bambina del centro orfani di Ilunda, affetta da un ritardo dello sviluppo e mentale. A primo impatto nessuno esiterebbe definirla una bambina diversa dal normale, per me però questo suo essere diversa è una connotazione positiva della sua persona, la fa distinguere dagli altri bambini e soprattutto quando non c’è si nota e manca tanto.

Huruma ha tante difficoltà sia a scuola che nella vita quotidiana, ma è una piccola guerriera che non si arrende mai: durante questi mesi di servizio civile l’ho vista crescere tanto su tanti aspetti ma quelli che più mi hanno fatto riflettere sono due.

Inizialmente Huruma tendeva a giocare da sola, stare in disparte rispetto al resto dei suoi coetanei e aveva spesso e volentieri dei comportamenti aggressivi (mordeva e graffiava), in particolare quando si trovava in mano una palla, lei era l’unica che ci doveva giocare e se qualcuno provava a togliergliela lo aggrediva (è successo anche che aggredisse me), dopo qualche tempo però abbiamo iniziato a farle capire che il gioco si condivide e che deve imparare a essere paziente nelle cose e aspettare il suo turno; definirei il momento più bello della mia esperienza quando, a luglio Huruma ha cominciato a chiamare gli altri bambini per giocare con lei e soprattutto ha iniziato a farci notare quando questi ultimi non giocavano insieme a lei e si tenevano i giochi solo per loro. In quel momento credo di essermi quasi commosso e di averla immediatamente abbracciata.

Un altro momento suo di crescita molto importante è stato quando durante un’ora di supporto disabili e di speech therapy, facevamo un esercizio con della frutta giocattolo, dove lei me la passava, poi me la richiedeva e la metteva apposto; ecco al quarto giro di passaggio della frutta Huruma prende mi guarda e mi dice con un sorriso a 32 denti e un po’ di saliva che scende dalla bocca “Asante kwa Gala” (Grazie a Gala), e devo dire che anche durante questo momento è stata dura trattenere le lacrime, anche perché mi ha impressionato tanto per la spontaneità con cui l’ha fatto, era totalmente inaspettato.

Huruma è affettuosa e a volte può risultare un po’ troppo appiccicosa, ma bisogna saperla gestire e capire bene quando coccolarla e quando no, anche se a me viene difficile non abbracciarla. Questa piccola peste è al 3° anno di chekechea e frequenta gli awali, riesce a riconoscere e scrivere tutti i numeri da 1 a 10 e alcune sillabe; ma la sua voglia di imparare è devastante: in classe viene un po’ lasciata a se stessa, in quanto effettivamente è difficile da seguire e questo lei lo nota, o meglio, nota che gli altri bambini fanno esercizi diversi (addizioni e sottrazioni); e allora al pomeriggio quando siamo io e lei, mi chiede se può fare le addizioni alla lavagna utilizzando le uova.

Huruma sorride sempre, è vivace, corre e salta costantemente per il centro; capita al pomeriggio di trovarla sull’altalena che si dondola e ride scherzosamente e tu non puoi fare altro se non avvicinarti e coccolarla o parlarle.

Vorrei che tutti fossero qua per conoscerla e capire che Huruma è gioia, è felicità, Huruma è vita.