Il niente che sorride

di Christian Bianco

Oggi è domenica, una domenica come tante altre, ma oggi, qui in Tanzania, è festa!

Decido di svegliarmi presto ugualmente per andarmi a fare un giro, una passeggiata, due passi al mercato, niente di che… Sono seduto su un dala dala (pulmino locale) per tornare a casa. Ho lo sguardo perennemente rivolto verso il finestrino, guardo fuori, guardo la terra che mi circonda. L’ Africa è davvero immensa! E il suo “nulla” la rende magica. Dopo quasi 10 mesi, o forse anche di più, che mi trovo in questa terra, ancora mi stupisco di come il cielo sia grande. Sì, è vero, il cielo è lo stesso in Tanzania e in Italia, ma in Italia ci sono palazzi, grattacieli, costruzioni altissime che ti coprono la visuale, che non ti permettono di ammirare davvero il cielo. Qua non esistono costruzioni così alte, almeno non ad Ilembula, il villaggio dove vivo e presto servizio. Qua non esistono grattacieli e il cielo, appunto, è davvero immenso!

Neanche il tempo di finire questo pensiero e mi accorgo che devo scendere, sono arrivato a Ilembula, in questo centro orfani che mi ha regalato e continua a regalarmi emozioni, sorrisi, gioie, arrabbiature, che passano tutte con l’ennesimo sorriso di un bambino.

Entro a casa e vado in camera mia, e subito sento bussare alla porta, apro e un bambino mi chiede: “Naomba mpira?” che in swahili significa “posso prendere la palla?”. Dopo tutte le raccomandazioni del caso, gli do la palla e torno in camera mia a sdraiarmi sul letto, a guardare video sul telefonino o semplicemente a guardare Instagram o Facebook. Con l’orecchio ascolto fuori dalla mia finestra i bambini che giocano, che ridono. Allora mi alzo dal letto, sposto la tenda della mia finestra e li guardo, li osservo. Mi capita praticamente ogni giorno di guardarli nel loro momento libero, e poi guardo me nel mio momento libero, guardo cosa stavo facendo un istante prima. Mi guardo e mi vedo che mi metto sul letto e  ho quasi sempre il telefono in mano.

Quando ero in Italia e magari nei miei momenti liberi mi ritrovavo a giocare con il telefonino mi chiedevo: “ma quando ero piccolo che ero senza telefono come occupavo i miei momenti liberi?”. Ancora adesso non so dare bene una risposta.

Qui, invece, mi rendo conto che se voglio una risposta me la posso dare. Osservo i bambini che tornano da scuola e subito iniziano ad aiutare in casa, a prendere l’acqua e fare altri lavori, ma quando finiscono, prima della cena, hanno quelle due o tre ore libere, e loro sì che sanno occupare il tempo: li vedo stare seduti e chiacchierare; li vedo come con una bottiglietta di plastica, dei tappi e un bastone, messi in una determinata maniera, costruiscono e giocano con le loro piccole “gari” (macchina in Swahili); li vedo con i sacchetti avanzati dei pannolini e del filo costruire e giocare con le loro “mpira” (palla), o con dei calzini riempiti con altri calzini e cuciti in un determinato modo costruire e giocare con altre “mpira”; li vedo con un bastone e con una foglia secca di pannocchie costruire e giocare con i loro “mdege” (aereoplano), e correre e sorridere fieri delle loro costruzioni.

E io ancora li, a guardarli dalla finestra della mia camera, li guardo e li invidio. Vorrei tornare indietro nel tempo e avere avuto la loro stessa gioia di sapersi divertire con niente, con un bastone, con una bottiglia di plastica o semplicemente con dei calzini bucati, che in Italia si buttano, mentre qui i bambini ci costruiscono delle palline e ci giocano. Oppure giocare con una palla vera chiesta a uno dei volontari, e tirare calci a questo pallone contro un container che funge da porta da calcio. E io sempre li che smetto di guardarli e torno sul letto con il telefonino. Ma poi un pensiero che mi passa per la testa “ma che sto facendo?” “basta con sto telefono ora corro fuori!!!!”. E oggi riesco a tornare bambino, lasciare il mio telefono sul letto, uscire dalla mia casetta, togliermi le scarpe o le ciabatte, e mettermi a piedi nudi a giocare a palla nella sabbia. E fare le risate più belle della mia vita, e rendermi conto che il “niente” si sa davvero divertire!

Stando qua, mi sono reso conto che con “niente” si può davvero “sorridere”. 

Stando qua, mi sono reso conto che…

NON C’È NULLA DI PIU’ BELLO DEL “NIENTE” CHE SORRIDE!